Riassunto delle puntate precedenti:
Abbiamo lasciato per un po' i nostri ragazzi abbracciati sul letto dopo essersi una volta di più confessati come la tortura sia il più vero cuore della loro unione. Jc ha minacciato Asher: questa volta non sarà come le altre, questa volta vuole un vero uomo, gentile e buono. Asher ha risposto "Succhiamelo, schiavo!" Ottimi auspici, no?
Colonna sonora: On a mission- Gabriella Cilmi
Jean Claude mantenne la promessa di fare del suo peggio. Così, nei mesi successivi, Asher perse completamente la testa. Come se prima… ma non infieriamo!
Già al suo risveglio, la sera dopo, il vampiro si ritrovò da solo, e non ci voleva nient’altro per dargli una scusa fantastica per mettere su il muso. Non aveva ancora aperto gli occhi, che già la sua invidia del pene non sfregiat… ehm… che il suo amor proprio lo accusava di non essere altro che un idiota se davvero sperava che l'amante restasse lì, ad attendere il suo lento risveglio, adesso che era così potente.
In realtà il povero Jean si era risvegliato direttamente nel letto di Belle alle 10 di mattina, con un biberon ovviamente fallico di sangue in gola e un’endovena di potere e adrenalina da resuscitare i morti. La vampira, in modalità vampira degli affetti, non aveva nemmeno atteso che aprisse gli occhi per chiedergli “Alloooooraaaa?” e farsi raccontare ogni microdettaglio della nottata precedente.
Lui le aveva detto tutto, e ne avevano spettegolato per ore, per decidere le mosse successive. Perchè dunque, Asher aveva raggiunto un punto di rottura, su questo convenivano, e si era reso conto che un mostro cattivo e perverso doveva però mantenere un contegno per essere anche sexy e non essere declassato ad Andros di bassa lega. Adesso non era certo il momento di mollare la presa, anzi, bisognava insistere per farlo tornare ad amare anche il sesso oltre alla droga e al rock’n’lol. E forse era anche il caso di rilassargli un attimo la gelosia, prima che ammazzasse davvero qualcuno di inclonabile.
Quando Asher arrivò da Belle fu lasciato ad ascoltare e a fomentare la propria simpatia fuori dalla porta mentre i due all’interno finivano di leccare le ultime gocce di discussione su di lui.
“Allora quando a tuo giudizio avrai altro da raccontarmi, Jean Claude?”
“Probabilmente già domani carissima, sai che quando azzanniamo la missione siamo meglio dei sette nani” ridacchiò lui come un idiota. “E poi ho bisogno che mi aiuti per quel dettaglio pratico: ho bisogno un pretesto, lo sai anche tu che ne ho bisogno. Cioè, non sarei credibile altrimenti a fare il frate… mi ci vedi a darla da bere a qualcuno, persino ad Asher, che sono in modalità riverginescion per lui? Dai, nessuno potrebbe essere tanto scemo da credermi, neanche una puritana teodem del Mississippi.”
“D’accordo, anche se mi fai un po’ pena”. Belle alzò la voce, come se l’udito soprannaturale di Asher non fosse ancora abbastanza stimolato. “Jean Claude, come punizione per essere ingrassato troppo con l’ardeur, o come premio per non essere andato a lamentarti di me con Morgana71 per ben un capitolo, sei condannato a dare una regolata alla tua ninfomania a tempo indeterminato” stabilì gravemente. “A meno che non serva a far incazzare il tuo innamorato cretino, ovvio” aggiunse mentalmente solo per il vampiro nel suo letto, che sospirò piagnucolando: “Però quando vengo a battertela a te me la dai vero? Pliiiiiiiis?”
La master gli fece dei grattini sotto il mento con il becco di un offesissimo Aldo, compiaciuta: “Ma certo, tontolino d’oro, non voglio mica farmi tornare il mal di testa. Questo vale anche per quando ti sarai ripreso il tuo emoderivato preferito”.
Asher sentì la rabbia montare: ne parlavano come una cosa, un animale. Un servo. Assalito da un impeto d’acume, gli venne il dubbio che anche questa fosse una messinscena, dato che era impensabile che almeno lei non avesse percepito la sua vicinanza. Allora spalancò la porta: “Stavate parlando di me?”
“Oh, sì, hai sentito bene?”
“Certo, stavo appunto origliando!” rispose lui acidamente, prima di farsi raddolcire da Jean Claude, che gli corse subito incontro strusciandosi come un gatto contro le sue gambe, facendo le fusa.
Belle mimò un conato di vomito e si accese la pipa di oppio, tornando poi a sorridere e a chiedere rassegnata e un po’ ebete: “Avete almeno intenzione di chiedere scusa prima di sparirmi da davanti finchè non mi sarà passata la voglia di usarvi come sturacessi?”
I due si inchinarono e presero ferma risoluzione di non peccare mai più: erano parole di rito che lei si divertiva a fargli rimangiare a ogni successiva cazzata.
Poi Asher fu sbattuto fuori senza cerimonie a origliare un altro po’. Non sapremo mai se era l’oppio a parlare, ma Belle voleva dare a Jean Claude un bel in bocca al lupo per convincerlo dell’urgenza a rendere di nuovo spendibile la sua dolce metà. “Perchè vedi” spiegò “alla fine a forza di cazzi tu non sei venuto su così male, sei carino e simpatico, ma…”
“Non sono il tuo tipo” ammiccò lui maliziosamente.
“Nono, mi piacciono i giochini da collegiale che facciamo assieme, ma una donna ogni tanto ha bisogno anche di un uomo.”
Il vampiro assentì chinando appena la testa. “Ti manca molto...” Non ottenendo risposta, Jean Claude cominciò a scappare verso la porta, quando d’un tratto lei parlò.
“Certo che mi manca, cosa credi?” Replicò con un’ombra di malinconia talmente evidente che Asher sentì il proprio cuore già fermo fermarsi di più, e si sentì per una volta un po’ troppo frocio per questa terra. “Ma quello è più pera di Louis-Bradipo. Però secondo te un sacchetto in testa…?”
Furono le ultime parole che riuscì a percepire.
Piuttosto eccitato dalle rivelazioni appena ascoltate, fece per allontanarsi quando, inaspettatamente, Jean Claude aprì la porta e gli schiaffò la lingua in bocca e lo penetrò con il suo sguardo più letale e diabolico (ebbene sì, anche questo è nell’originale: Morgana71 è proprio una porca). “Andiamo a lavorare, mon amour. Adesso.” E da quel momento in poi fu come sedersi su un tappeto di spilli.
Naturalmente si trattava del famigerato contratto per l’acquisto del terreno. Sistemare la questione tramite vie legali era ovviamente possibile, ma perchè usare il metodo lungo e dispendioso?
Asher ruppe le scatole per almeno due ore sull’essere brutto e ormai incapace di scopare, ma Jean Claude demolì tutta l’accurata progettazione hamiltoniana di un personaggio che più originale e macho non si può ribattendo 1- che bastava tenere i capelli davanti alla faccia 2– che bastava ipnotizzarli 3-che non c’era differenza morale tra l’ipnotizzare qualcuno col potere della chirurgia plastica o delle lenti a contatto colorate 4-che comunque era un vampiro fiero dei suoi poteri e quindi cosa gliene fregava 5-che una scopata era una scopata 6-che Belle gli aveva vietato di fare sesso, e non voleva mica farlo picchiare di nuovo così presto.
Per Asher fu come essere scosso in giro con un fulmine nel culo, e una volta aperta una breccia non fu difficile spingerlo nel precipizio del prendersi cura del sindaco, di sua moglie, sua figlia, suo genero, suo cognato, del cugino Coso, del pagliaccio It, del maggiordomo, del primo e del secondo lacchè, della cameriera, della governante, del vicesindaco, del governatore, del presidente della provincia, della giunta, dell’assessore al turismo della città gemellata, di un paio di tabaccai, di quattro minorenni che passavano di lì, di un bunga-bunga e di un cancelliere, per non parlare del cane.
Mentre si tenevano queste due o tre orge Jean Claude, zitto zitto quatto quatto, si ritagliò una visitina in motel con il notaio. In realtà quest’ultimo non fu nient’altro che una sua spudorata provocazione: perché non era necessario, perché la questione era già stata conclusa, e perché il suddetto notaio era fin troppo avvenente.
Asher ovviamente se ne accorse ma per una volta se ne fregò altamente e tornò a farsi i cazzi suoi e non solo.
Logicamente Jean Claude non si fermò lì, e iniziò a mettere in pratica tutti gli strusciamenti da danza dell’ammmmore dell’oritteropo formichiere tibetano che conosceva per far impazzire il suo troppo orgoglioso ex. In mancanza di altra mercanzia, allargò le sue attenzioni, oltre a Cinzia, alla quasi totalità della compagnia teatrale composta, chiediamoci anche il perchè, solo da bei manzi piuttosto alti aperti a ogni perversione, che amavano prostituirsi per qualsiasi avventore del teatro, figuriamoci se non si degnavano di dare una spolveratina anche al boss in cambio di qualche bella parte da protagonista. E forse anche per questo, ogniqualvolta i loro occhi si fermavano su Asher, il loro sguardo si accendeva, ma non di terrore, né di disgusto. Ognuno di loro sapeva che ruolo di rilievo avesse presso i finanziatori, e lo trovava... la persona giusta a cui fare un pompino.
Era esattamente con questo termine che il bell’Andrè o Antonio, uno a caso, lo aveva definito per salvarsi la vita quando, sorpreso in atteggiamento alquanto intimo col suo amato datore di lavoro, questi gli domandò se anche lui trovasse il suo amico incredibilmente ficoficofico.
*Flashback* Asher sgranò gli occhi per la sorpresa dimenticandosi del suo solito sguardo gelido e perfino di nascondere il lato sfregiato dietro il suo amato ciuffo di capelli. Era possibile? Doveva davvero credere ai suoi occhi? La coca con cui si stordiva da troppo tempo aveva finito di rodergli quel poco che restava del suo naso?
Jean-Claude era in ginocchio sul divano e intratteneva un… sniff sniff… infrarossi… calorimetria… esame del polso e della pupilla…
“Porcaccia, un umano!” ringhiò, sinceramente offeso. Insomma, a livello razionale si rendeva conto che rispetto a una donna aveva qualcosa di troppo e qualcosa di meno, ma qui si esagerava.
“Oh, sei tu caro? Sì, ti presento Dominique, no Ruby, no Ludo, occazzo quello che è, viene da Beri, è qui in Erasmus e fa teatro come hobby, si fa chiamare Andrè come quello di Lady Oscar perché per essere gay non è per niente eccentrico, ma per essere scemo non gli manca niente, non è eccitante?”
“No, fa schifo. Sembra un cespuglio. Ora vi ammazzo entrambi”. Strillò Asher estraendo una pistola dalla tasca.
“Ma amore, pensavo tu fossi felice di vedermi… Cespuglio? Ehm, volevo dire, Andrè! Posso presentarti mio marito? La nostra storia è una lacerazione di coglioni, ma tant’è. Non lo trovi ficoficofico?”
*Fine flash*
L’umano era un po’ confuso. Il suo primo istinto fu di scappare nudo come un verme, poi rimase ipnotizzato più di quanto non fosse già prima, quindi iniziò a sbavare, per poi sfiorargli i capelli e accostarsi al suo orecchio. “’O famo strano?” Gli sussurrò lasciandolo di sasso.
E mentre Asher fissava scioccato Jean Claude che gli mostrava la sua bravura nel fare l’elicottero, il giovane Andrè gli si incollò come uno zombie fino ad ottenere una sana slinguata.
Allora l’umano si staccò da lui estasiato e si voltò verso l’altro: “Gah… sbav… oui… QI formica… E’ davvero l’uomo giusto a cui fare un pompino: c’avevi ragione, Gianni”.
Non si rese conto del come né del perché reagì in modo tanto violento: forse si convinse che Jean Claude avesse incantato il ragazzo, o perché sembrava che parlassero di lui come un esemplare da esibire e giudicare, o perché un inferiore qualsiasi lo chiamava con nomignoli da letto. Ma davvero abbiamo bisogno di un motivo per mandare in crisi isterica il nostro biondo?
Fatto sta che Asher uscì dal camerino accecato dalla rabbia, che scatenò senza controllo sulle prime file del teatro, su cui scrisse col sangue cosucce tipo “Posto del coglione” o “Frocio chi si siede”. Non era né la prima né l’ultima volta che Jean Claude si vedeva costretto a improvvise corse all’Ikea per ricomprare piatti e bicchieri che il suo ex marito rompeva per divertirsi. E aveva sempre tollerato quegli scatti d’ira, per nulla imprevisti, anzi un po’ fomentati, ritenendoli inevitabili nonché necessari al raggiungimento del suo fine. Ma, tanto per far succedere qualcosa e darci l’occasione per una scena di sesso che mancava da almeno dieci righe, non quella volta.
La sua reazione con l’umano lo aveva innervosito particolarmente, e non lasciò correre. Lo raggiunse in platea, lo agguantò per una spalla e lo voltò brutalmente verso di lui. “Te lo tiri così tanto che t’è rimbalzato in faccia?”
Asher rimase senza parole: non era certo quello che si aspettava lui gli rinfacciasse.
“Non voglio la pietà di nessuno.” Replicò comunque acido. “E non sono un fenomeno da baraccone.”
“No, sei solo un vampiro stupido e ottuso.”
“Sì, sono un vampiro, ma stupido e ottuso sono sinonimi, ignorante”.
“Mai sentito parlare dell’uso del pleonasmo come rafforzativo?”
Si guardarono in cagnesco; ma Jean Claude era irritato in modo non sexy come non lo vedeva da tempo. Allora Asher abbassò il tono.
“Che cazzo vuoi?” Chiese fingendo indifferenza. “Che dimentichi la mia faccia soltanto perché hai promesso un aumento a un umano del Biafra?” Jean Claude serrò le mascelle, ma i suoi occhi rimasero freddi. “O vuoi che sia compiaciuto del fatto che mi trovino “ficofico”, magari perché hanno il QI di un criceto spaziale putrefatto e sei riuscito a ipnotizzarli con le tue voglie malate?”
“Non è vero non è vero non è vero!!” Strillò tagliente. “Ti sembra davvero così assurdo che altri ti vedano come io ti vedo? Che qualcuno ti desideri, che vada oltre un paio di cicatrici...”
“Un paio??? Alla faccia, se mi permetti il doppio senso… Tanto ormai sei più bello tu. Gnegnegne!”.
A quel punto Jean Claude sbuffò esasperato. Si avvicinò e gli sfiorò… mah, indovinate un po’. Asher lottò furiosamente per non frignare e non scoparlo: non voleva ascoltare, non voleva nemmeno pensare a quello che gli aveva appena detto, non voleva sentire le sue mani sulle palle, non voleva pensare alle esigenze della fan fiction. Ma non si tirò indietro: chiuse gli occhi e lasciò che le sue dita tracciassero gli orrendi solchi che sembrava avessero incenerito il suo cuore, il suo spirito, la sua anima, i suoi sentimenti, le sue emozioni, la sua bontà, la sua allegria e il suo pene.
“Ma perchè mi stai torturando?” Bisbigliò. “Mi costringerai a farmi i tuoi compiti e mi farai ingelosire di tanto in tanto ma senza fare sesso con me? O mi costringerai ad esternare la mia libidine repressa con altri finchè non sarò di nuovo un drogato e cadrò tra le tue braccia?” Onestamente non aveva capito molto bene questa parte del copione.
“Non lo so, ma ti romperò le scatole per molto tempo. Finché non regolerai la tua emitudine.”
Asher spalancò i suoi occhi di ghiaccio e gli lanciò uno sguardo gelido.
“Non mi hai fatto niente, faccia di serpente! Non mi hai fatto male, faccia da maiale! Non spaventi nessuno, Asher. Né me, né Belle, nemmeno i miei amanti o i tuoi. E’ solo quando ti incazzi come una bestia e fai le smorfie e ti metti il rossetto nelle cicatrici che in effetti sei un po’ terrificante. C’è per l’appunto un caso clinico di Freud che fa al caso nostro, se vieni di là io e Coso te lo leggiamo…” Scivolò con la mano ad afferrare la sua e cominciò ad arretrare verso la stanza. “E poi passiamo intere nottate nel mio letto senza fare niente ed è bellissimo lo stesso!” Lo schernì mentre lo conduceva con sé.
“Te lo tronco nel culo?”
“Dai sii serio”. Jean Claude a quel punto si bloccò innanzi a lui e i suoi occhi scintillarono nei suoi come un lampo nel buio. “Lo sai che quando avevo tredici anni mio cugino me l’ha fatto vedere e da allora sono traumatizzato”.
“Ma che diavolo dici?”
“Ma la supercazzola ce l’hai nello sbiribocci antani per due?”
“Eh?”
“Puppa!!”
Finalmente Asher capì e ringhiò: “Ah, è così? Ti credi furbo ad avere cominciato i capitoli in cui mi sfotti? Bè vediamo quanto reggi”.
Afferrò il suo compagno, constatò en passant che era già nudo, e lo scaraventò su una poltroncina divelta per riempirlo di cinghiate. Jean-Claude si rotolò e squittì felice, pensando fossero preliminari, ma, una volta sfogato il grosso dell’incazzatura, Asher gli intimò di mettere in ordine la sala, mentre lui portava sul palcoscenico l’umano e lo scopava a morte.
Qualche tempo dopo…“Ho un regalo per te.” Sbottò Asher entrando in camera di Jean Claude senza nemmeno bussare.
*Flashback alla seconda*
“Buonasera monsieur.”
L’uomo si voltò di botto e lo vide: svolazzava appena fuori dalla finestra, il volto oscurato dai lunghi capelli che risplendevano sotto la luce della luna, le labbra rosse, piegate in un sorriso provocante e deciso. Scosse la testa, annusò un attimo la canna che aveva spento da poco interrogandosi sul suo pusher di fiducia, ma la figura non si mosse. E poi lo riconobbe.
“Ah! Ecco chi cazzo eri” Esclamò stupito.
“Ebbravo che ti ricordi, hai vinto un’ora di vita in più.”
“Sei... siete l’amico di Jean Claude.” Rispose titubante. “Come fate a volare?” Chiese poi ricordando che il suo studio si trovava al terzo piano.
Senza degnarsi di rispondere, la figura chinò la testa e scoprì parte del viso. “Sà, spogliati.” La sua voce era morbida e seducente, e l’uomo non poté far altro che eseguire, mentre l’inaspettato ospite balzava accanto a lui, fulmineo ed elegante come uno splendido elefante, così non solo abbiamo messo un paragone da film horror, ma fa anche rima.
Si guardò intorno con aria compiaciuta. “Vedo che almeno non vivi in una catapecchia e sai probabilmente leggere” Constatò tranquillamente. “Mi piacciono di più gli umani senza sifilide.”
“Veramente...” L‟uomo era impacciato, così vicino a quell’essere imponente, misterioso eppure così ficofico.
“Veramente cosa?” Chiese impaziente voltandosi all’improvviso e guardandolo dritto negli occhi, già stufo di sentire la cena che parlava.
Dio mio, pensò l’altro quando intravide le zanne da castoro. Poi cercò di darsi un contegno. “Veramente se avete fantasie sui codici di leggi siete un po’ perverso” Rispose timido.
“E’ il mio lavoro.” Il creaturo sorrise, avvicinandosi ancora. “E vedo che non sono il solo.” Gli sfiorò la guancia con le nocche ed esaminò attentamente il suo volto. Era davvero bello. I lineamenti delicati erano marcati da un pizzetto castano che gli dava un’aria autorevole, ma gli occhi verdi, limpidi e innocenti, tradivano la sua giovane età, così come i lunghi capelli raccolti in una coda, che slegò in un istante, liberandoli in lunghe onde lucenti. Sembrava una donna barbuta.
“Il vostro viso...” sospirò improvvisamente l’umano. Cercò di scrutarlo e sollevò una mano per scostare delicatamente i fili dorati che gli nascondevano la guancia. L’espressione dell’altro si indurì, e gli fece una smorfia per spaventarlo.
“Dev’essere stato un incidente terribile. E’ stato sul lavoro? O forse una moglie musulmana gelosa? Un chirurgo plastico impazzito? Posso aiutarvi a ottenere un risarcimento se volete.” Asserì perdendosi nei suoi occhi; scivolò con le dita ad accarezzare la parte deturpata, per poi scorrere lungo le labbra e infine raggiungere la pelle perfetta. “Ma siete bello come un angelo, monsieur...”
“Asher.” Disse con un filo di voce. “Il mio nome è Asher.” Gli insinuò delicatamente una mano tra i capelli, e si chinò a sfiorargli il collo con le labbra. “Non avete proprio nessuna paura di me?” Chiese accarezzandogli la pelle col suo respiro.
“Non ancora, signore...” Rispose sommesso. “Volete farmi molto male?” Inaspettatamente le sue mani scivolarono sul vampiro, a sfiorargli la spalla, il viso, i capelli; e poi lo attirò a sé, finché non sentì la sua bocca sulla gola. “Mangiate pure, signore, mi piacciono i succhiotti da strapparmi la giugulare.” Ansimò.
“Padrone...” Sibilò il vampiro. Sollevò la testa e gli prese il viso tra le mani. Lo baciò delicatamente sulle labbra e quando lo vide cadere in ginocchio abbandonandosi a lui completamente, il suo sorriso si allargò fino a scoprire le zanne. “Chiamami Padrone.”
*Fine flash alla seconda*
Jean-Claude era disteso sull’enorme letto intento a darsi lo smalto alle unghie dei piedi.
“Ah si? E perché? Mi sono dimenticato un anniversario?” Chiese svogliatamente, ancora offeso.
“Perché domani torno in Italia e non so per quanto tempo sarò via.” Rispose catapultandosi accanto a lui con due falcate. “Un presente per ricordarti di non fare troppo il furbo.” Dalla mano dietro la schiena, venne fuori un morbido paio di mutandine di seta, di uno scintillante color rosa cangiante a cuoricini, che cominciò a far scorrere sulla pelle nuda dell’altro, tra i lembi aperti della veste da camera, e che poi avvolse delicatamente al suo pene.
Jean Claude notò la sua aria da ras del quartiere e cercò di scavare fuori le ragioni specifiche. Grattandosi la testa con lo smalto ancora aperto annusò le mutandine, e dopo un po’ di ricerche incrociate al computer della NASA il criceto nel suo cervello associò l’odore al proprietario. Allora Jean-Claude si chinò verso il compagno, che intanto si era sdraiato con la guancia praticamente sulla sua spalla, gli prese il mento e lo baciò lievemente. “Merci, mon amour.” Disse senza troppo entusiasmo. Quindi bestemmiò per essersi rovinato lo smalto e cominciò freneticamente a sistemarsi con l’acetone, dimentico di ogni altra cosa attorno a se.
“Non ti piace?” Mormorò Asher iniziando a incazzarsi.
“Oh no, mi piace. Mi sono piaciute appena le ho tolte al proprietario...” Replicò senza distogliere lo sguardo dalle unghie “...alcuni giorni fa.”
Asher si produsse in un sorriso sexysadico e macho come neanche in Grease e rimase zitto a tirarsela.
“Mi lasci tutto eccitato a riordinare teatri” Piagnucolò Jean Claude all’improvviso senza nemmeno guardarlo. “... e poi ti vai a sbattere i miei scarti.”
Asher scattò a sedersi con lo sguardo indignato e gli mollò un ceffone. “Magari avresti preferito che te lo portassi attaccato al precedente proprietario!” Esclamò.
“Perché no? Mi sono sempre piaciuti i trenini, lo sai”.
“Sei solo un arrogante bastardo! E io che non ho nemmeno ucciso i tuoi umani porcacci. Pensavo ti avrebbe fatto piacere scoprire che mi sono sciolto un po’ sul sesso.” Inveì balzando in piedi. Si scagliò verso la porta, ma Jean Claude fu più rapido e gli sbarrò la strada. “Adesso me ne vado, fatti una sega!” Sibilò rabbioso.
Ma l’altro si sfilò le mutande e gliele infilò in testa, tirandolo con decisione verso di sé. Poi gli si incollò addosso e imprigionò la sua bocca con un bacio per nulla delicato, divorandola con le labbra, la lingua e le zanne, vincendo senza sforzo ogni sua resistenza. Quando si staccò da lui, Asher era completamente stordito, con gli occhi in fiamme e le labbra gonfie e sanguinanti.
“Volevi lasciarmi senza nemmeno un salutino? Non ti piace quando ti faccio incazzare apposta?” Gli chiese Jean Claude sbattendo gli occhioni.
“Potrei farti ancora molto male.”
“Sarebbe anche ora, mon chardonneret.” Ma prima ancora che potesse dire qualcos’altro, Jean Claude gli avvolse il tessuto attorno al collo e gli accarezzò la guancia. Le sue dita erano infuocate, i suoi occhi completamente blu, come i bambini del Villaggio dei dannati. “Dai, baby, torna presto e impara qualche giochino nuovo dai consiglieri. Io ti aspetterò e farò il bravo”.
Asher levò gli occhi al cielo, gli elargì un bacio a stampo e se ne andò ridendo fino alle lacrime.