venerdì 21 maggio 2010

Supernatural Activity - Capitolo 5 - Io Tarzan, tu Jane!

Riassunto delle puntate precedenti:

Jean-Claude, vampiro superfico ma sfortunello, ha deciso di impiegare la pausa di riflessione donatagli dalla sua principe piangendo sulle sue sfighe.
Dopo tre giorni di pianto continuo, Bellemorte, stanca dei suoi lai strazianti e soprattutto degli inattesi effetti collaterali sulla sua libido, decide di consolarlo a modo suo e di stimolare, oltre alle sue zone erogene, anche le sue capacità imprenditoriali.

Scopriamo così che Jean-Claude, da grande, vuol fare l'impresario teatrale...



Un suggestivo tramonto rosso fuoco colorava quell’angolo di inferno che, fino a poche ore prima, brulicava di sbraitanti mannari che si lanciavano da un'impalcatura all'altra.
Jean-Claude non aveva un grande polso con la plebe, anche perchè la puzza di sudore e aglio, insieme ai petti villosi dei muratori, gli ricordavano troppe serate sfortunate e il vampiro rischiava ogni volta di mettersi a piangere. In realtà se l'era cavata decentemente per i primi tempi: nemmeno uno pseudoliberal pre-obbama peace & love come lui credeva ancora alle favole comuniste sugli elettricisti che fanno semplicemente il loro dovere, quindi tra un pompino (quei rudi scaricatori di porto nerboruti in fondo erano una buona cena…), un'ipnosi di massa e dei sani calci in culo aveva avviato i lavori.
Quando però Mason, alfa delle scimmie mannare, aveva alzato il prezzo delle normali tangenti, pretendendo la maternità pagata per tutti i suoi uomini, Jean-Claude era corso a chiamare Musette, che con certa feccia ci sapeva fare molto bene. Il sindacato… che branco di mafiosissime serve scansafatiche! Per fortuna un paio di scotennamenti pubblici e una crocifissione a testa in giù avevano alzato la produttività, e così dopo una due tre quattro cinque sei sette settimane il piccolo teatro cominciò a navigar. Ormai era fatta e non si poteva più tornare indietro, al dignitoso ritrovo di colti borghesi che bramavano semplicemente un Pellico ben recitato e forse un Goethe per il venerdì emo.
La prima volta che Jean-Claude aveva messo piede lì dentro era rimasto inorridito: neanche una stampa pornografica, solo tendaggi grigioverdi e un sobrio arredamento di gusto classico. Dopo un attimo di terrore al pensiero che Belle volesse farlo diventare rispettabile o volesse solo prenderlo per il culo, iniziò a chiedersi come trasformare quel luogo da suora a sua immagine e somiglianza. Guardandosi intorno scovò varie cose non da buttare: un discreto numero di candelabri d’argento di forma sufficientemente fallica, alcuni arazzi a stampe lemon-dark e alcune poltrone talmente morbide che sembrava di essere avvolti dall’abbraccio di una gigantesca puttana per il ridotto. Mancavano soprattutto pizzi e pelle, e sloggiare con l’idrante le bande di vecchi che infestavano il locale: Jean-Claude spolverò un po’ di lotta di classe per darsi coraggio, e decise che i finti intellettuali che osannano Accattone o altra noia erano da reprimere al pari dei poveracci che non mettono neanche un vestito nuovo per uscire. La compagnia, infine, fu purgata di chiunque non fosse bello bello bello in modo assurdo.
E Jean-Claude aveva iniziato a prenderci gusto. Aveva addirittura suggerito a Musette di assumere un bel po’ di mannari per velocizzare i lavori con un po’ di forza sovrannaturale, attirando anche alfa importanti come Mason con promesse di pettegolezzi preziosi e impegno a rispondere con risatine frivole ai pizzicotti sul culo.
Certo, le scimmie mannare erano rimaste molto male nello scoprire che sui vampiri non crescono banane, ma si erano consolate in altri modi; insomma, l’opera procedeva bene e Belle gli aveva lasciato davvero tempo libero e soldi. Quasi andava d’accordo persino con Musette, che apprezzava la sua voglia di lavorare, e non era raro vederli in mezzo ai lavori a discutere di arredamento e di opere prime.
“La riflessione sulla vagina è talmente originale che non darle spazio sarebbe ipocritamente inutile, non trovi caro?”
“Naturale, naturale. Ma pensi più alla pittura o ai Monologhi?”
“Forse la scultura sarebbe più appropriata, o perchè non tutte e tre? Bisogna scovare qualche artista innovativo…”
“Ah, la vera arte non può non partire dal femminino sacro, per questo preferisco le donne; per fortuna in molti lo capiscono e avremo l’imbarazzo della scelta: potremmo chiedere a Charlotte di Sexcity per evitare gli imitatori scarsi dei primi maestri”.
Il vampiro si era pure preso una rilassante pausa di riflessione fuori dai piedi del suo stronzissimo ex fidanzato, ma era toppo bello per durare.
Disgraziatamente, era proprio Asher a controllare le influenze di legge e burocrazia, e Musette si era rifiutata categoricamente di occuparsi di permessi, e più in generale di mostri. “Ma che sei scemo? C’ho scritto gioconda in fronte? Hai bisogno la balia asciutta? Bè, non sono io, stronzetto, quindi arrangiati!” gli aveva gentilmente fatto notare.
Jean-Claude aveva piagnucolato che stava cercando di disintossicarsi, e che Asher era cattivo con lui, al che l’arcontessa aveva perso la calma per la quale andava famosa: “Avete rotto il cazzo! Siete due minorati mentali scappati da un asilo, buoni solo a scopare e fracassare i maroni. Adesso ti faccio crescere io, arrogante coglione” aveva urlato istericamente prima di dargli una sonora ripassata e abbandonarlo in mezzo al teatro.
Jean-Claude si era seduto mogio con la coda tra le gambe a prepararsi al peggio, quando Asher entrò circonfuso di luce in un vestitino supersexy esclamando “Stavate parlando di me? Un uomo chiamato contratto! Vivo per vendere, vendo per vivere”.
Jean-Claude rimase completamente senza fiato ad affogare nella sua bava mentre Asher si guardava intorno senza fretta, facendo il figo. Alla fine, soddisfatto delle vibrazioni sottomesse inviategli dal proprietario del teatro, si degnò di esprimersi. “Uhmmmsì, accettabile. Certo, quel sipario azzurro è scialbo come i tuoi occhi… ci vorrebbe qualcosa che si intoni di più alle poltrone nere, come ad esempio un bel rosso intenso.”
Jean-Claude si affrettò ad annuire e a firmare i documenti, fissando l’altro con occhioni da mucca: il rosso era il colore preferito di Julianna, e qualche volta si domandava se Belle non avesse ragione a darle della troia volgare. Quando fece per restituire I fogli, Asher gli rivolse un sorriso crudele “Tranquillo, ho già falsificato la tua firma, non mi servi a niente”.
“Ma allora sei venuto a vedere il mio teatro?” squittì Jean-Claude.
“Veramente la logica direbbe di sì, ma il copione dice che ti volevo solo strusciare il naso nei nostri ricordi dolorosi. Ora torno da Maruska, addio” salutò l’altro, lasciando il suo ex a frignare e a meditare oscure trame.
Per un po’ il tempo trascorse senza ulteriori scosse. Mancava poco alla riapertura e Musette faceva elenchi di spogliarellisti che avrebbe voluto vedere esibirsi. Era già notte fonda, e Jean-Claude in crestina di pizzo e grembiulino, calze a rete con reggicalze e ovviamente niente mutande stava laccando d’oro gli stucchi di una statua insieme a una scimmia nottambula quando comparve Musette in vestaglia di seta che apostrofò il mannaro: “Si può sapere che cazzo state facendo?”
“Dipingo statue con fernovus antiruggine e Jean-Claude mi aiuta a lucidare i posticini particolari, signora.”
Musette rispose con un sorrisetto. “Bravo, Jean-Claude, bravo… sapevo…”. Non riuscì a finire la frase che un fracasso terribile invase il teatro insieme a una nube di calcinacci. Le poltroncine schizzarono in aria, come le acque separate da Mosè, spinte dall’irresistibile forza di una prua uscita dalla Senna: “Corpo di mille balenacce morte, cosa vedono I miei occhi di pirata? Una vecchia baldracca con dei vestiti addosso. O forse due! La Perla Nera è in porto, vili canaglie!” biascicò un nuovo vampiro strafigo caracollando instabilmente giù dalla barca.
Jean-Claude fece un inchino molto grazioso per chi gli stava dietro, ricambiando il saluto del suo amico: “Ti stavo dando per disperso, brutto comunista drogato senza permesso di soggiorno. Vi saluto, Jack Sparrow” prima di gettarglisi tra le braccia aspettando la risposta di rito.
“Capitan Jack Sparrow se non vi dispiace” rimarcò infatti l’uomo dai lunghi rasta limonandolo un po’, prima di tirare una lunga boccata da una pipa che teneva appesa al collo.
E l’ottima acustica del teatro sottolineò mirabilmente gli acuti di Musette su “Bestemmia andante in fa maggiore”.

3 commenti:

Flora ha detto...

Ci manca un pezzo che sta nella tua posta ;) io sto andando avanti intanto :P

Ricciolineri ha detto...

Proovederò mia signora. Ero in vacanza...;-)

Flora ha detto...

Cazzo se fai bene a essere in vacanza!